Esclusa l’applicazione del termine di sessanta giorni se non ci sono provvedimenti datoriali da contestare: l’articolo 32 del collegato lavoro fa riferimento a una comunicazione scritta da impugnare.
Non si applica il termine di decadenza di sessanta giorni alla domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto, formalizzato come contratto di collaborazione a progetto, con richiesta di ordine di riammissione nel posto di lavoro. Nel caso deciso, una lavoratrice aveva impugnato il contratto di collaborazione a progetto, sostenendo che in realtà aveva prestato servizio in regime di subordinazione e che, essendosi risolto il rapporto per volontà del datore di lavoro, anche se non formalizzata per iscritto, aveva diritto non solo al trattamento economico da dipendente, ma anche alla riammissione nel posto di lavoro. Entrambi i giudici del merito avevano dato torto alla lavoratrice, accogliendo l’eccezione di decadenza sollevata dalla datrice di lavoro, per non avere tempestivamente impugnato il contratto a progetto entro sessanta giorni dalla sua fine.
Con la sentenza 32254/19 la Suprema corte è tornata a occuparsi dell’ambito di applicazione del regime del doppio termine di decadenza proprio del licenziamento (articolo 6 legge 604/66), che è stato esteso ad altre ipotesi dall’articolo 32 della legge 183/10 (il cosiddetto “collegato lavoro”). In via preliminare la Corte ha fatto il punto della giurisprudenza e ha confermato che i nuovi termini di impugnazione si applicano anche ai contratti a termine esauritisi prima dell’entrata in vigore della legge 183/10 (fatto salvo il differimento al 31 dicembre 2011 disposto dal decreto legge 225/10, cosiddetto “milleproroghe”, convertito con legge 10/2011).
Passando poi all’esame delle altre fattispecie, la Cassazione ha evidenziato che le norme che introducono nuovi termini di decadenza vanno sempre interpretate in modo da darne un ambito di applicazione rigoroso. Muovendo da tale premessa, ha accolto il ricorso, evidenziando che l’articolo 32 della legge 183/10 fa sempre riferimento a una comunicazione scritta da impugnare; in mancanza, non si applica il doppio termine di decadenza. La Corte, in altre parole, ha ritenuto che eccedano dal perimetro di applicazione tutte le ipotesi nelle quali non vi siano provvedimenti datoriali da contestare. A conferma di tale approdo, la Cassazione ha evidenziato che, laddove il legislatore ha voluto prescindere da uno specifico atto da impugnare, come nel caso dell’azione di nullità del termine e in quello di costituzione o accertamento di un rapporto in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto, ha dato un’indicazione specifica della fattispecie (articolo 32, comma 3, lettera d), e comma 4, lettera d).